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Mi sento benedetto

Stamattina ho meditato sullo spazio del cuore interiore, la presenza sottile e delicata al centro del corpo. Sono giorni che mi attrae come un magnete. La sento presente nella forma…

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Dopo molti anni ho imparato che la percezione attenta è fondamentale per progredire nella pratica. Il respiro, l’attenzione concentrata, le diverse fasi dell’allineamento e l’amore sono gli ingredienti che rendono la pratica un veicolo di scoperta. Così ascolto il corpo e stabilisco con lui un dialogo silenzioso che non smette mai. Due sono le chiavi: l’ascolto e la percezione. Entrambe fissano i parametri perché la sinfonia si dispieghi.

After he was commissioned to build the Getty Museum in Los Angeles, Richard Meyer sat facing the hill on which the museum would be erected, simply to look at the colors in different seasons and figure out in which direction to place the central axis of the buildings. All this, for them to embrace the landscape and its colors. Today the Getty Museum is one of the most interesting contemporary architectural works of the United States and perhaps of the entire world. It has a unique tone of white, and a strip of violet that recalls shades of colors only present in autumn. This is the story of how careful observation to detail and inspiration are born from within. It can take a long time, or it can happen in an instant, but it does not matter. What is certain is that integrity and closeness to the heart, which take place when we remain open and sensitive, ensure that the actions that come from it are mindful and directed to personal and collective goodness. To seek worthiness in the life we ​​are living and to understand why some of our behaviors follow one another without interruption is a way to deconstruct the pattern and finally take ownership of ourselves. Life for me is essentially a terrain of grace on which a long dance takes place and where each of us is a protagonist but also a sustainer of the dance of others.

I don’t know about you but I have always been fascinated with undertaking a journey through the different levels – layers of my inner being. And venture into all of my complexity. I was very young when I started meditating in 1976, but I felt right away that my journey had started long before then. Several were the tools with which I had progressed, different bodies, roles or identifications, but underneath it all it seemed to me there was a clear perceptive continuity. I remembered situations, events and people who, with differing intensity, had left traces of their presence in me. But there was something more. And as I found myself refining my perception and my eye on reality, I was able from time to time to plunge into a sunset or a smell. I had the impression that my fingertips could go beyond the velvety sensation of the petals of a rose and talked to me about myself, about my relationship with my heart, with the most intimate essence of me.

All at once it seems to me that life, my life, is four-dimensional and fairy-tale like, creative and deeply unpredictable. That everything around me treasures an ancient, primitive and authentic power that belongs to me. That water and my bodily fluids are not so dissimilar to the mountain streams near my home. Neither is the gastric fire that consumes food so different from the sacrificial fire in which the brahmins throw their offerings. The earth that I tread on walking up mountains or which I mix in my garden pots does not seem so different to me from the strength and stability that I feel in my legs. And this feeling is restful. So I have started a dialogue with my body. I’ve done it to learn its language and refine its potential. Even now when I touch the floor beneath me I have the impression of solidity and comfort but also of linearity and extension. If I close my eyes, the horizontal surface of the wooden planks or of the tiles seems endless to me.

Samdhyā

La grammatica sanscrita utilizza un termine per definire la relazione che l’essere umano ha tra il mondo divino e quello terrestre: Samdhyā. Samdhyā è il crepuscolo che pervade i tre mondi,…

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Dopo che gli fu commissionata la costruzione del Getty Museum a Los Angeles, Richard Meyer racconta di essersi messo seduto di fronte alla collina sulla quale il museo sarebbe stato eretto, semplicemente per guardare i colori nelle diverse stagioni e capire quale direzione dare all’asse centrale degli edifici. Tutto questo perché essi si sposassero con il paesaggio e i suoi colori. Oggi il Getty Museum è una delle opere architettoniche contemporanee più interessanti degli Stati Uniti e forse dell’intero mondo. Possiede una tonalità di bianco unica, e una striscia di viola che richiama una gradazione di colori presente solo in autunno. Questa storia racconta l’osservazione attenta dei particolari e come l’ispirazione nasca dall’interno. Può prendere molto tempo, oppure avvenire in un istante, ma non ha importanza. Certo è che l’integrità e la vicinanza con il cuore, che avvengono quando restiamo aperti e sensibili, fanno sì che le azioni che ne derivano siano consapevoli e rivolte al bene personale e collettivo. Ricercare un valore nella vita che stiamo vivendo e comprendere perché alcuni nostri comportamenti si susseguono senza sosta, è un modo per destrutturarne il modello e prendere finalmente possesso di noi stessi. Per me la vita è fondamentalmente un terreno di grazia su cui si svolge una lunga danza e dove ciascuno di noi è protagonista ma anche comprimario della danza dell’altro.

Improvvisamente mi sembra che la vita, la mia vita, abbia una superficie quadridimensionale e sia fantasiosa, creativa e profondamente imprevedibile. Che ogni cosa intorno conservi un potere antico, primitivo e autentico che mi appartiene. L’acqua e i fluidi del mio corpo non sono così dissimili dai ruscelli di montagna vicini a casa mia. Nè il fuoco gastrico che consuma il cibo dal fuoco sacrificale in cui i brahmini gettano le proprie offerte. La terra che calpesto salendo in montagna o quella che rimesto nei vasi del mio giardino, non mi sembra così diversa dalla forza e dalla stabilità che sento nelle mie gambe. E questa sensazione mi dona riposo. Così ho iniziato un dialogo con il corpo. L’ho fatto per impararne il linguaggio e affinarne le potenzialità. Toccando il pavimento sotto di me ho avuto l’impressione di solidità e comfort ma anche di linearità ed estensione. Se chiudo gli occhi, la superficie orizzontale delle assi di legno o delle mattonelle mi sembra infinita.

Non so voi ma io ho sempre considerato affascinante pensare di intraprendere un viaggio all’interno dei diversi livelli – strati del mio essere interiore. Inoltrarmi in tutta la mia complessità.

Quando ho cominciato a meditare nel 1976, ero molto giovane ma fin da subito ho avuto l’impressione che il mio viaggio fosse iniziato assai prima di quel momento. Diversi erano stati gli strumenti con cui ero andato avanti, disparati corpi, ruoli o identificazioni, ma al di sotto mi sembrava che vi fosse chiaramente una continuità percettiva. Ricordavo situazioni, eventi e persone che, in modi più o meno intensi, avevano contribuito a lasciare in me tracce della loro presenza. Ma vi era anche altro. E man mano che mi ritrovavo ad affinare la percezione e il mio occhio sulla realtà, riuscivo di tanto in tanto ad affondare in un tramonto o in un odore. Avevo l’impressione che i polpastrelli potessero andare oltre la vellutata sensazione dei petali di una rosa e mi parlassero di me, della relazione che avevo con il cuore, con l’essenza più intima di me stesso.

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