Non so voi ma io ho sempre considerato affascinante pensare di intraprendere un viaggio all’interno dei diversi livelli – strati del mio essere interiore. Inoltrarmi in tutta la mia complessità.
Quando ho cominciato a meditare nel 1976, ero molto giovane ma fin da subito ho avuto l’impressione che il mio viaggio fosse iniziato assai prima di quel momento. Diversi erano stati gli strumenti con cui ero andato avanti, disparati corpi, ruoli o identificazioni, ma al di sotto mi sembrava che vi fosse chiaramente una continuità percettiva. Ricordavo situazioni, eventi e persone che, in modi più o meno intensi, avevano contribuito a lasciare in me tracce della loro presenza. Ma vi era anche altro. E man mano che mi ritrovavo ad affinare la percezione e il mio occhio sulla realtà, riuscivo di tanto in tanto ad affondare in un tramonto o in un odore. Avevo l’impressione che i polpastrelli potessero andare oltre la vellutata sensazione dei petali di una rosa e mi parlassero di me, della relazione che avevo con il cuore, con l’essenza più intima di me stesso.