Improvvisamente mi sembra che la vita, la mia vita, abbia una superficie quadridimensionale e sia fantasiosa, creativa e profondamente imprevedibile. Che ogni cosa intorno conservi un potere antico, primitivo e autentico che mi appartiene. L’acqua e i fluidi del mio corpo non sono così dissimili dai ruscelli di montagna vicini a casa mia. Nè il fuoco gastrico che consuma il cibo dal fuoco sacrificale in cui i brahmini gettano le proprie offerte. La terra che calpesto salendo in montagna o quella che rimesto nei vasi del mio giardino, non mi sembra così diversa dalla forza e dalla stabilità che sento nelle mie gambe. E questa sensazione mi dona riposo. Così ho iniziato un dialogo con il corpo. L’ho fatto per impararne il linguaggio e affinarne le potenzialità. Toccando il pavimento sotto di me ho avuto l’impressione di solidità e comfort ma anche di linearità ed estensione. Se chiudo gli occhi, la superficie orizzontale delle assi di legno o delle mattonelle mi sembra infinita.