As well as distracting me, one of the things I have learnt from my long stopovers in airports and stations is that the hustle and bustle reminds me of how much I need to look after myself, through small caring gestures and simple gifts that make me feel welcomed. I close my eyes and here I am in the elusive delirium of chaos ….
Holding on to my breath like on to a rope lowered in the depths of a well. And within it I let myself go, an uncertain trapeze artist suspended over the infinite. Or at least this is how I like to image myself.
There are so very few certainties I have about myself … and the deeper I enter my inner landscape, the less I feel I really know it or are able to grasp it in its entirety. But does it really matter …? I love it anyway.
Una delle cose che ho capito dai miei lunghi soggiorni negli aeroporti e nelle stazioni, è che la confusione oltre a distrarmi mi ricorda quanto io abbia bisogno di prendermi cura di me stesso, con piccoli gesti gentili, semplici regali che mi fanno sentire accolto. Così mi ritrovo a occhi chiusi nel delirio inafferrabile del caos a ricercare il mio respiro come una fune che discende nelle profondità del pozzo. E lì mi lascio andare, trapezista incerto sospeso sull’infinito. O almeno così mi piace pensarmi.
Quante poche certezze ho su me stesso.. e più vado avanti a inoltrarmi nel paesaggio interiore e meno riesco a sentire di conoscerlo davvero o di afferrarlo nella sua interezza. Ma che importanza ha. Mi piace lo stesso.
Bali, 29 gennaio 2018